La zona 4 vista dalla ferrovia (seconda parte)

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Nello scorso articolo abbiamo osservato la nostra zona da una prospettiva insolita: quella della linea ferroviaria che l'attraversa, congiungendo la stazione di Porta Romana con quella di Lambrate.
In particolare, abbiamo concentrato la nostra attenzione sulla parte verso l'interno; qui ci occuperemo dei soggetti siti verso la parte esterna della città.
Nel nostro viaggio immaginario, ci eravamo lasciati alla stazione di Lambrate; è da qui, perciò, che ci accingiamo a prendere il treno del ritorno (ricordo che per percorrere questo tragitto nella realtà è sufficiente un documento di viaggio ATM valido).

Saliamo quindi sul treno suburbano S9 alla stazione sita in piazzale Bottini, in zona 3, e prendiamo posto sul lato di esso rivolto verso l'esterno della città. Iniziato il nostro viaggio, le avvisaglie che stiamo per entrare in zona 4 vengono da due aree recentemente soggette a demolizione totale: esse ospitavano le aziende Thyssen e Sparvol; quest'ultima, sita sul nostro lato, si affacciava sulla piazzetta dell'Ortica.
Dopo la galleria che ci fa passare sotto il cavalcavia Buccari entriamo in zona 4. La prima area che si attraversa è quella ferroviaria sita in corrispondenza dell'antico borgo di Cavriano, di cui si riesce solo a vedere in lontananza il gazometro.

Al termine di questa ampia area verde si trovano i famosi "Tre Ponti", e passandovi sopra si riesce ad avere una completa visuale del lungo e rettilineo viale Forlanini, sul cui fondo si intravede l'aeroporto di Linate. In seguito si costeggia la via Repetti, oltre la quale sorge il quartiere Forlanini Nuovo, costituito da case popolari costruite nei primi anni '60 del ventesimo secolo.
Ad esso succede l'ampia area occupata dalla Polizia di Stato, seminascosta da un filare di alberi; al termine, il ponte di via Lombroso introduce la via Zama, oltre la quale si trova il polmone verde del Parco dedicato al giudice Guido Galli.
A sud di questo, sorge il nuovo quartiere che ha preso il posto delle case del rione "Alberto Riva Villasanta", risalenti al 1933, e demolite nel 1977; a seguito di ciò, l'area era caduta in degrado. La nuova edificazione ha anche portato alla demolizione della vecchia chiesa di San Galdino, ultimata nel 1939, e già da anni sconsacrata e sostituita dalla parrocchiale omonima costruita nel 1987 in via Salomone.

All'altezza dell'impianto AMSA, il treno piega a destra, per entrare nel ramo che conduce alla stazione di Porta Romana, lasciandosi sulla sinistra un posto di manovra (indicato da una cabina) il cui nome evoca un antico toponimo della nostra zona: la Trecca, termine riferito ad una cascina che sorgeva alle spalle dell'attuale Ortomercato, proprio nei pressi del punto in cui ci troviamo adesso.
Gli antichi proprietari, i Trecchi, erano una famiglia nobile; alla cascina dei Trecchi (nome originario dell'edificio) si riporta che si trovasse un antico oratorio, lasciato in eredità dal fondatore Lazzaro da Segrate al fratello Gian Giacomo, in cui si officiava ancora nel 1567.

In seguito il treno attraversa il passaggio a livello di via Toffetti (ora sbarrato), si immette nel ramo proveniente da Rogoredo e procede in rettilineo fino al termine del nostro viaggio.
In questa parte finale del percorso possiamo ancora notare il rigoglioso bosco posto sul retro di via Sulmona, fino al sovrappasso di viale Puglie, a cui seguono le nuove edificazioni effettuate in luogo della fabbrica "Celestri", ed infine si costeggia il quartiere di via Nervesa lungo la via Longanesi, da cui si può vedere come a palazzi spesso molto alti faccia da contraltare una certa quantità di verde attrezzato.
Giungiamo a questo punto alla Stazione di Porta Romana, di cui dirò solo che fu edificata a fianco dell'omonimo scalo merci nel 1931, per disimpegnare servizio passeggeri; una sua particolarità è che, sulla facciata rivolta verso corso Lodi, si trova una targa che riporta la data di costruzione in numeri arabi (1931) e in numeri romani (IX, relativo all'era littoria), e nel mezzo delle date è ancora ben visibile il segno lasciato dalla demolizione di un fregio che raffigurava un fascio.